Ho avuto modo di dire in altre occasioni che secondo me la politica è fatta del conflitto fra diversi interessi particolari, che si esprime di volta in volta a livelli differenti, a seconda della posta in palio.
Il PD cerca in continuazione, sin dalla sua nascita, di trovare una sintesi tutta interna alla fisiologica contrapposizione fra ceti (classi?) differenti della società. Mi pare che questa sia un'idea propria del totalitarismo. Non sto facendo delle accuse, ma il mio vuole semplicemente essere un ragionamento, quasi di filosofia politica. E' proprio dei totalitarismi, insieme ovviamente ad altre caratteristiche, la ricerca della sintesi fra opposti interessi all'interno del Partito-Stato, in modo corporativo, negli interessi superiori della nazione e del popolo tutto. Anche in questo momento, il PD, insieme alle altre forze politiche, ci dice che la via di uscita dalla crisi è restare "uniti", anche se non si capisce come questo possa rappresentare al contempo la soluzione dei problemi dell'assottigliamento dei margini di profitto e della scarsezza dei salari e di posti di lavoro. Questa visione corporativistica della nazione porta il PD a tradire gli interessi di tutti quelli che intende, in buona fede, rappresentare. E' palese come questo tentativo, infatti, vada contro gli interessi di tutte le parti. Come si può rappresentare (politicamente) gli imprenditori senza tradire i dipendenti, e viceversa?
E' chiaro che anche i primi avranno le loro ragioni, ma per rappresentarle esiste appositamente la destra!
Dunque, a mio modo di vedere, se questa grossa forza politica del Paese ha realmente intenzione di essere la forza di (centro)sinistra dominante, deve categoricamente prendere posizione dalla parte dei lavoratori, abbandonando per strada i grossi capitalisti, i benestanti (cosiddetti moderati) e i loro voti. E con essi deve abbandonare il detestabile maanchismo veltroniano che sembra aver invaso il partito.
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